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Training autogeno

Training autogeno

Nella società contemporanea è premiato ed apprezzato l’essere sempre attivi ed impegnati, il fare, l’agire, non solo sul lavoro ma anche nel tempo libero. L’inerzia, la pigrizia, l’ozio, l’inattività non sono tollerati, come se non fare nulla per un breve periodo equivalesse a perdere tempo.
Ci si sofferma raramente a riflettere sulle conseguenze dell’incessante operosità, del superlavoro, se non quando ci si sente “stressati”, “depressi” od “esauriti”. In realtà il continuo permanere di uno stato di attività può avere conseguenze negative sia sulla salute fisica quanto su quella mentale.
Stati cronici di tensione possono provocare svariati disturbi di tipo psicosomatico, all’apparato muscolo scheletrico, cefalee ad origine tensiva, dolori muscolari, all’apparato gastrointestinale, gastriti, stipsi, colon irritabile, sintomi pseudo neurologici, sessuali, ipertensione ecc. oppure portare ad una condizione di spossatezza che favorisce l’insorgere di disturbi psicopatologici di tipo depressivo ed ansioso, disturbo d’ansia generalizzato, disturbo da attacchi di panico, ipocondria ecc.
Esistono persone che non si fermano mai, che sono incapaci di rilassarsi, di riposare, di lasciarsi andare. A volte il perenne stato di allarme può inibire a tal punto la capacità di distendersi da provocare insonnia cronica per la quale diventa necessario l’assunzione sistematica di un farmaco ipnotico per addormentarsi. Esistono persone che non sono più in grado di riconoscere la fatica ed altri che non possono rinunciare al bisogno di controllare ogni aspetto della loro vita o ritengono inconcepibile il lasciarsi andare, precludendosi così l’unica vera possibilità di riposarsi.
In quest’ottica, il training autogeno risulta un’alternativa molto interessante sotto svariati punti di vista.
È una tecnica di rilassamento grazie alla quale attraverso semplici istruzioni verbali, si induce nel corpo uno stato di distensione profonda. Strumenti obiettivi di misurazione, come l’elettroencefalogramma, l’elettrocardiogramma e l’elettromiografia mostrano come, durante l’esercizio, il corpo vada incontro a delle marcate modificazioni, tali da indurre uno stato simile al sonno. Nello stato di distensione autogena, il soma si distende, recupera le energie e vengono favorite tutte le funzioni fisiologiche degli organi interni, contrastando quindi i vizi indotti dagli stati di tensione.
Il training autogeno non è tuttavia solo una tecnica corporea, in quanto produce un effetto positivo sulla mente, sia nell’ immediato che a lungo termine.
Nell’immediato, riuscire a tranquillizzare profondamente il corpo in un momento di ansia, aiuta sicuramente a distendere anche la mente.
Per comprendere invece la portata degli effetti a lungo termine di una simile tecnica è necessario pensare a quale innovazione possa costituire imparare a distendersi, seppure per un breve periodo di tempo, per le persone che non sanno più rilassarsi né riposare. L’individuo che chiedeva, anche inconsapevolmente, al corpo di rimanere sempre teso e all’erta, grazie al training autogeno può chiedere al proprio organismo di quietarsi e lasciarsi andare: un ribaltamento notevole di prospettiva. Il rilassamento permette un incontro nuovo con il corpo, una riscoperta del soma ed un allargamento della consapevolezza corporea, la persona impara ad ascoltare il corpo, a riconoscerne gli stati di tensione, la stanchezza e ha a disposizione uno strumento per porvi rimedio.
Se il training autogeno è una tecnica pensata per poter intervenire sugli stati ansiosi, costituisce anche e soprattutto una tecnica preventiva, secondo la quale attraverso l’esercizio quotidiano l’individuo può mantenere basso il suo stato di tensione, quindi essere più disteso e pronto a rispondere adeguatamente alle sfide quotidiane.

Questa tecnica può essere appresa da tutti, a condizione che l’impegno a praticarla sia quotidiano, perché solo l’allenamento (il training) sistematico permette di raggiungere i risultati illustrati sinora. È inoltre importante che la persona apprenda questa tecnica da un trainer esperto, capace di guidare nella giusta direzione, sino a potere praticare la tecnica da soli inducendo autonomamente dentro di sé lo stato di distensione (autogeno).
Tutti incontrano almeno un momento di difficoltà nell’apprendimento dell’esercizio, poiché se è vero che il training autogeno modifica il rapporto dell’individuo con il proprio soma, tale rapporto ha radici profonde e consolidate, difficilmente alterabili senza incontrare delle resistenze. Il motivo per cui risulta fondamentale essere guidati da un esperto nell’apprendimento di questa pratica è infatti proprio la possibilità di riconoscere e superare gradualmente queste antiche resistenze. Il tipo di difficoltà che si incontrano dipendono profondamente dalla specifica storia di quella persona con il proprio corpo, ed avere a disposizione un trainer con una preparazione psicologica adeguata fornisce un prezioso ausilio per “leggere” una determinata resistenza all’interno della propria vita.
È opportuno che il trainer sia un professionista della salute mentale, ad esempio uno psicologo clinico, perché alcuni tipi di patologia non possono essere trattati con il training autogeno ed anzi sarebbe pericoloso. Sono quindi necessari un’adeguata raccolta anamnestica ed un’accurata diagnosi del disturbo presentato dall’aspirante allievo, per assicurarsi che il training sia la tecnica più adeguata per intervenire sul tipo di difficoltà manifestato.
Il training autogeno è una tecnica che ben si affianca alla psicoterapia; in modo complementare il training parte dal corpo per influenzare la mente, mentre la psicoterapia parte dalle parole per risanare i processi organici alterati dalla patologia. I due metodi agiscono sinergicamente su corpo e mente favorendo i processi di guarigione. Questa sinergia parte da una concezione olistica della persona, secondo cui ogni individuo è costituito da un corpo e da una mente profondamente uniti ed interagenti.